Il termine ordinario di prescrizione è di dieci anni (art. 2946 c.c.). Tale norma ha carattere residuale, di tal ché essa si applica salvo che la legge non preveda un diverso termine.
La legge può prevedere anche un diritto prescrizionale superiore ai dieci anni: si prescrivono in vent’anni la superficie, l’enfiteusi, l’usufrutto, l’uso, l’abitazione, la servitù prediale e l’ipoteca.

Si prescrivono in cinque anni:

  • il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito (art. 2947 c.c.), mentre rimane soggetto all’ordinaria prescrizione decennale il risarcimento del danno contrattuale. Il dies a quo si calcola dal giorno in cui il fatto si è verificato, o meglio dal momento in cui il danno si manifesta all’esterno divenendo percepibile e conoscibile;
  • i diritti che derivano dai rapporti sociali, cioè i diritti che si istituiscono tra i soggetti dell’organizzazione sociale in dipendenza del contratto di società o della vita sociale, se la società è iscritta nel registro delle imprese, nonché l’azione di responsabilità che spetta ai creditori sociali verso gli amministratori nei casi stabiliti dalla legge (art. 2949 c.c.);
  • i diritti elencati all’art. 2948 c.c. (ad es. le annualità e le rendite perpetue, i corrispettivi di locazioni, gli interessi ecc.);
  • l’azione revocatoria (art. 2903 c.c.).
  • Si prescrivono in due anni:
  • il diritto al risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli di ogni specie (art. 2947, comma 2, c.c.);
  • i diritti derivanti dal contratto di assicurazione diversi da quello al pagamento delle rate di premio (art. 2952 c.c.)

Si prescrivono in un anno:

  • il diritto del mediatore al pagamento della provvigione (art. 2950 c.c.);
  • i diritti derivanti dal contratto di spedizione e dal contratto di trasporto (art. 2951 c.c.);
  • il diritto al pagamento delle rate di premio di assicurazione; mentre gli altri diritti derivanti dal contratto di assicurazione si prescrivono, come già detto, in due anni dal momento in cui si è verificato il fatto (art. 2952 c.c.).

Fermo restando la prescrizione ordinaria, il legislatore prevede che determinati crediti si presumono estinti (si parla di prescrizione presuntiva), salva prova contraria, al decorrere di un determinato periodo di tempo. Le prescrizioni presuntive si fondano sul presupposto che per determinate attività della vita quotidiana, il debitore è solito estinguere il proprio debito contestualmente all’esecuzione della prestazione.

Si prescrive in sei mesi:

  • il diritto degli albergatori e degli osti per l’alloggio e il vitto che somministrano (art. 2954 c.c.).

Si prescrive in un anno il diritto:

  • degli insegnanti, per la retribuzione delle lezioni che impartiscono a mesi o a giorni o a ore;
  • dei prestatori di lavoro, per le retribuzioni corrisposte a periodi non superiori al mese;
  • di coloro che tengono convitto o casa di educazione e d’istruzione, per il prezzo della pensione e dell’istruzione;
  • degli ufficiali giudiziari, per il compenso degli atti compiuti nella loro qualità;
  • dei commercianti per il prezzo delle merci vendute a chi non ne fa commercio;
  • dei farmacisti, per il prezzo dei medicinali (art. 2955 c.c.).

Si prescrive in tre anni il diritto:

  • dei prestatori di lavoro, per le retribuzioni corrisposte a periodi superiori al mese; 2) dei professionisti, per il compenso dell’opera prestata e per il rimborso delle spese correlative;
  • dei notai, per gli atti del loro ministero;
  • degli insegnanti, per la retribuzione delle lezioni impartite a tempo più lungo di un mese (art. 2956 c.c.).

Il termine della prescrizione decorre dalla scadenza della retribuzione periodica o dal compimento della prestazione, mentre per le competenze dovute agli avvocati, ai procuratori e ai patrocinatori legali il termine decorre dalla decisione della lite, dalla conciliazione delle parti o dalla revoca del mandato; per gli affari non terminati, la prescrizione decorre dall’ultima prestazione (art. 2957 c.c.). La prescrizione decorre anche se vi è stata continuazione di somministrazioni o di prestazioni (art. 2958 c.c.).

I crediti sopra indicati si presumono estinti nel periodo di tempo previsto dalla legge: la conseguenza di tale presunzione è che il debitore, avvalendosi della prescrizione presuntiva, è esonerato dall’onere di provare in giudizio l’avvenuta estinzione del debito.

Il creditore, d’altra parte, non può ricorrere a qualsiasi mezzo di prova, ma può solamente cercare di ottenere il riconoscimento del debito (o una confessione) da parte del debitore (art. 2959 c.c.) ovvero potrà deferire all’altra parte il giuramento per accertare se si è verificata l’estinzione del debito (art. 2960 c.c.).

Si tratta di prove piuttosto ardue che hanno come conseguenza quella di ritenere che le prescrizioni presuntive valgono, in concreto, come delle prescrizioni brevi.